Dallo sfruttamento lavorativo all’accattonaggio: due facce della stessa medaglia

Una premessa

Il tema della tratta degli esseri umani in Italia, in Europa, nel mondo è sempre più articolato e complesso. Ha livelli di modificazioni, di metissages, di intrecci davvero incredibili. Sembra costantemente che i trafficanti di esseri umani arrivino prima di noi nella costruzione di veri e propri modelli di implementazione migratoria che ci anticipa ferocemente. La correlazione della tratta con le richieste di protezione internazionale ne è un esempio calzante e attuale.

In questo scenario va dunque rivista tutta la nostra analisi e ricerca fenomenica ed al contempo, ancora di più, tutta la politica, la strategia e le pratiche di intervento sulla tratta degli esseri umani. Sembra davvero incredibile che a fronte di modificazioni davvero genetiche sulla tratta oggi si continui ad affrontare in maniera quasi univoca gli interventi sulla tratta a fini di sfruttamento sessuale e poco altro.

Eppure il fenomeno della tratta si è talmente dilatato che si fa fatica a contenerlo nella sua dimensione globale. Per questo la nostra associazione On The Road, all’interno della sua programmazione sulla contrasto alla tratta (Progetto “Asimmetrie”), oltre a costruire pratiche sulle altre facce della tratta (sfruttamento lavorativo, accattonaggio, economie illegali in primo luogo), vuole provare a ragionare sul senso di tale fenomeno.

In tutto questo sforzo la riflessione di oggi è davvero dirimente: il tema delle economie illegali, coniugate nelle dimensioni dello sfruttamento lavorativo e dell’accattonaggio. Per questo abbiamo deciso di proporre un Convegno su questi temi: lo sfruttamento lavorativo e l’accattonaggio, due facce della stessa medaglia.

L’accattonaggio: Uno scenario d’insieme

È un fenomeno che pare essere presente da diversi anni in Italia, sebbene sia certamente tra le forme di tratta meno conosciute ed indagate all’interno dell’ampio e complesso fenomeno della tratta in Italia. Possiamo dire che il fenomeno è passato da una modalità del tipo “vivere mendicando” (legata ad una concezione di mendicità connessa ad esigenze di sopravvivenza, ad una logica di economia individuale o familiare della sussistenza, dove il praticare l’elemosina è un dato più strutturale che congiunturale all’interno della filiera del “domandare la carità”) ad una pluralità di situazioni rispetto alle quali il praticare l’accattonaggio rappresenta un’attività  che può integrare altre forme di lavoro o di occupazione, spesso irregolari ed occasionali, così come attività di tipo illecito di vario genere (e qui ritornano le due facce della stessa medaglia). Ovvero il sistema economico odierno dell’accattonaggio permette di comprendere come e quanto il fenomeno si sia nel tempo estremamente diversificato, assumendo caratteri complessi, spesso al confine con altre specifiche situazioni di devianza, disagio sociale, e, come ampliamente accertato da numerose attività investigative in materia, anche il grave sfruttamento e, segnatamente la tratta, anche questi spesso combinati a dimensioni altre quali l’esercizio della prostituzione o il coinvolgimento nelle economie forzate criminali.

Per questo motivo non è possibile riferirsi a questo fenomeno come ad un unicum, trattandosi di scenari diversi condizionati da una serie di variabili, quali l’identità del soggetto, il carattere legale no meno dell’atto, l’erogazione di beni o servizi, l’introduzione di forme di baratto e altri ancora, il provenire da un contesto familiare dedito alla questua o meno, il dedicarsi a questa pratica in via esclusiva oppure residualmente per integrare l’insufficienza dei mezzi economici a disposizione.

In definitiva del fenomeno dell’accattonaggio poco si conosce, soprattutto con riferimento alle situazioni di grave sfruttamento. Di certo oggi è sempre più palpabile l’intolleranza o la difficoltà a convivere con queste realtà di strada, o comunque assai complicate sembrano essere la vicinanza ed il confronto con queste forme di marginalità, sicuramente estreme in numerose situazioni.  In base ai dati dei progetti di protezione sociale e delle operazioni di polizia, infatti, casi di tratta a scopo di accattonaggio sono stati rilevati in diverse grandi e medie città italiane (è un fenomeno poco presente nelle piccole città. Andrebbe fatta una attenta riflessione tra il fenomeno dell’accattonaggio e lo sviluppo urbano), Centri commerciali, supermercati, parcheggi, parchi, aree di loisir o aree di ristorazione.

Dati e ricerche

Non risultano ricerche approfondite su questo specifico tema se non, in questi ultimi anni, quelle dei progetti The third sector against Pushed Begging (CNCA) e STOP FOR-BEG (Regione Veneto) 2015, che comunque avevano un ambito di ricerca ben ristretto (Toscana-Umbria il primo, Triveneto il secondo). Entrambi all’interno del programma europeo ISEC. Alcuni riferimenti interessanti possiamo trovarli in V.Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella prostituzione, in AA.VV., La tratta di persone in Italia-evoluzione del fenomeno ed ambiti di sfruttamento, Osservatorio tratta, Milano 2007; in Nanni-Posta, I nuovi mendicanti: accattonaggio ed elemosina nella società post-industriale, Torino 2014. Senza dubbio può essere di grande orientamento il primo rapporto nazionale sulla tratta Punto a capo sulla tratta (Milano 2014).

Per il resto vi sono solamente alcuni casi di studio – oramai datati – contenuti in rapporti parlamentari ufficiali e in rapporti riguardanti varie forme di esclusione sociale e di povertà estreme o forme di devianza.

Dall’analisi svolta risulta necessario raccogliere maggiori informazioni ed effettuare analisi approfondite sulla tratta a scopo di accattonaggio forzato, prendendo in esame anche le questioni terminologico-concettuali che permettano di definire con chiarezza le differenze tra le forme di accattonaggio volontarie e quelle forzate. In particolare, emerge la necessità di individuare le dinamiche e le varie espressioni di un fenomeno ancora insufficientemente conosciuto anche da chi opera nel settore anti-tratta.

Alcuni elementi chiave di lettura

Un fenomeno di difficile declinazione a livello concettuale: tipologie. In molti casi, i mendicanti chiedono l’elemosina offrendo in cambio “servizi espressi”, quali il lavaggio dei vetri dell’automobile, la vendita al dettaglio (fazzoletti di carta, accendini, portachiavi, penne, panni per pulire le autovetture, fiori, etc.), trasformando l’attività di accattonaggio in una forma di “mendicità contrattualistica illegale”. Gli studiosi hanno identificato quattro macro-tipologie di accattonaggio che si basano su due variabili dicotomiche: elemosina contrattualistica/non contrattualistica ed elemosina legale/illegale.

  • Mendicità contrattualistica (servizi espressi quali lavaggio dei vetri dell’auto, vendita al dettaglio, offerta di musica o spettacolo…)
  • Mendicità non contrattualistica (elemosina in strada, sui mezzi pubblici, nei supermercati, ecc…)
  • Legale 
  • llegale (vedi borseggio, furto, spaccio).

Un fenomeno di gruppi target ben definiti. Si tratta generalmente di persone originarie da paesi dell’Europa dell’Est e dal Maghreb, in particolare dai territori dell’ex Jugoslavia, dalla Romania e Bulgaria, dal Pakistan e Bangladesh, e sempre più dalla Nigeria (con alcune variabili africane come quella senegalese).

Ovviamente si sta definendo sempre più una sorta di specializzazione tra le varie etnie (Rumeni e Bulgari in strada per richiesta di elemosina, nigeriani nei supermercati e centri commerciali, senegalesi nei parcheggi abusivi, asiatici nella vendita di cover per cellulari e fiori, marocchini nella vendita di tessuti per turisti, ecc…). Va anche detto che in questo variegato mondo dell’accattonaggio confluiscono anche persone disabili (o rese tali), vittime di tratta “esteticamente” meno canalizzabili nel mercato dello sfruttamento sessuale.

I minori. Tra le persone che mendicano, diversi sono i minori che vengono portati in Europa da un parente prossimo o lontano o da persone sconosciute. Generalmente i bambini o le bambine più piccole mendicano in compagnia di una persona adulta e la loro presenza è strumentale per impietosire i passanti e, quindi, ottenere più facilmente l’elemosina. Vi sono poi minori che mendicano quale strategia temporanea di sostentamento in attesa di trovare una soluzione alternativa migliore, mentre altri sono costretti a mendicare per organizzazioni criminali che si occupano del loro reclutamento in patria, del viaggio e dello sfruttamento una volta arrivati in Europa. Sono soprattutto i minori rumeni e quelli originari dai paesi balcanici a subire forme di tratta e di riduzione in schiavitù nello svolgimento di attività di accattonaggio.

I Rom. Il fenomeno dell’accattonaggio è connesso senza dubbio con il mondo rom (italiano e soprattutto rumeno-bulgaro). Aprendo questa riflessione passiamo in una sorta di terra di mezzo difficile da definire, da stigmatizzare e con molte aree grigie, a volte ambigue ed a volte ambivalenti. Ovvero esiste una presenza considerevole di persone rom (la maggioranza di provenienza rumeno-bulgara- e qui ci sarebbe da fare un lungo ragionamento tra le varie etnie dei rom, sinti e camminanti italiani in generale, ma anche localizzati in alcune regioni con differenze notevoli tra loro, che praticano anche l’accattonaggio) che pratica l’accattonaggio, specialmente chiedendo l’elemosina nelle strade, affidandosi per lo più a donne e minori. Senza volerci complicare la vita in una lettura troppo complessa ed articolata dobbiamo dire che il cosiddetto mangel (ovvero la pratica dell’elemosina presso i gruppi rom) trae origine oltre che dallo stato di necessità, dall’impossibilità a risolvere il conflitto tra la cultura rom e cultura gagé, ovvero l’impossibilità o comunque difficoltà per alcuni limitati gruppi di integrarsi nella società ospitante affiancata all’incapacità di sostenersi con i mestieri tipici della tradizione rom. Questo fenomeno, messo in campo soprattutto da rom di origine rumeno-bulgara, sembra comunque distante (non è facile comunque quantificare) dall’esercizio della tratta nelle modalità che stiamo presentando.

I rifugiati e richiedenti asilo. Il fenomeno dell’accattonaggio è infine sempre più connesso in questo periodo con persone richiedenti asilo ospiti presso strutture di accoglienza a loro adibite (SPRAR e CAS). In queste situazioni ci può essere un coacervo tra accattonaggio per necessità individuale della persona richiedente (guadagno di denaro grazie a richiesta di elemosina, di servizi espressi, ecc…) ed una vera e propria situazione di sfruttamento pianificata e strutturata dalla criminalità organizzata che canalizza tali persone verso le differenti situazioni di sfruttamento (sessuale, lavorativo ed appunto accattonaggio). Il tutto all’interno a volte di un paradosso per i titolari di protezione umanitaria o sussidiaria (non per i destinatari di espulsione) che pur avendo un permesso restano privi di qualsiasi rete di protezione sociale di supporto istituzionale o familiare, nonché da ultimo l’accattonaggio surroga le difficoltà che oggi il mercato del lavoro registra relativamente anche all’assorbimento della forza-lavoro straniere.

Dal fenomeno all’intervento sociale

Occorre rivedere completamente gli approcci alle politiche, alla strategie, alla costruzione di pratiche performanti all’interno del pianeta “Tratta” a livello politico-istituzionale. C’è stata, e continua ad esserci, una forte centralità attorno alla tratta a fini di sfruttamento sessuale. C’è stato, e continua ad esserci, un approccio al fenomeno della tratta unidirezionale, univoco e frammentato. Occorre includere in tale approccio l’elemento della integrazione tra forme diverse di tratta (sfruttamento sessuale, lavorativo, accattonaggio, economie illegali, matrimoni forzati e combinati, vendita di organi), l’elemento di correlazione tra il fenomeno della tratta ed altre variabili quali la protezione internazionale, la minore età, la migrazione, l’emergenza umanitaria, cosi come la coesistenza nella medesima persona (vittima di tratta) di situazioni di povertà, disagio mentale, disabilità fisica, alcolismo e tossicodipendenza, senza dimora e violenza.

Entrando nello specifico della tratta a fini di accattonaggio, quanto sopra evidenziato diventa davvero imbarazzante. Ad li là di alcune dichiarazioni di principio e di enunciazione del tema (previsto nel PNA) non ci sono politiche, strategie, pratiche performanti che possano offrire indicazioni, orientamenti, percorsi da sviluppare. Anzi le antiche e recenti norme, ordinanze securitarie non hanno apportato grandi risultati per costruire politiche, strategie, pratiche di inclusione sociale, di governo dei quartieri ad alta criticità, di quel mix virtuoso fatto di mediazione sociale, di reti multi-agenzia coinvolte, di investimento reale sul protagonismo della comunità locale, sul coinvolgimento delle persone che vivono in strada (“i cosiddetti produttori di insicurezza”).

Servono anni per comprendere lo scenario della mendicità forzata in Italia

Ricerca-intervento. Non ci sono ricerche di ampio spessore a livello nazionale sulla tratta a fini di accattonaggio. I progetti di ricerca sopra citati potranno contribuire ad aprire una stagione di ricerca importante al fine di conoscere il complesso fenomeno della mendicità forzata in Italia. La metodologia della ricerca-intervento potrà garantire risultati di grande rilievo sia per entrare nel pianeta “Accattonaggio”, sia per coglierne le variabili di contesto;

Lavoro di contatto/aggancio dei gruppi beneficiari (strada/aree di flusso/luoghi topici). Sarà molto importante, per misurarsi con la problematica multi-situazioni della mendicità forzata, avviare una fase di osservazione strutturata, possibilmente partecipata, studiare le mappe (e magari anche gli statuti) dei luoghi dove confluiscono le persone vittime di tratta, cercare di costruire contatti, relazioni sempre più significative, entrare nel difficile circuito della fiducia e dell’affidamento (da parte del target). Ciò permetterà di iniziare a squarciare il velo della complessità che l’accattonaggio ci presenta (infatti le poche ricerche realizzate puntano molto la propria attenzione sulla grande difficoltà a leggere il fenomeno nella sua trasversalità e complicazione). In questo senso dobbiamo usare i più recenti strumenti di geo-localizzazione per poter sviluppare una strategia di interventi a partire dalle mappe dove persistono le persone che esercitano l’accattonaggio;

Lavoro per la costruzione di indicatori per l’identificazione delle vittime di tratta all’interno del pianeta della mendicità. Sono sempre maggiori le raccomandazioni di strutturare degli indicatori per l’identificazione delle vittime di tratta, un sistema transnazionale di Referall per le persone trafficate in Europa (Cfr. il Progetto TRM-EU realizzato nel 2010 dall’International Centre for Migration Policy Development- ICMPD e dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio Italiano). Possiamo dire che tale obiettivo fondamentale per costruire politiche e definire strategie di intervento sulla tratta degli esseri umani è ancora “in itinere” e ha bisogno di consolidarsi per quanto concerne lo sfruttamento sessuale ed in parte quello lavorativo. Restano ancora totalmente da scrivere gli indicatori per l’identificazione delle vittime di tratta a fini di accattonaggio. Senza dubbio occorre incentrare gli indicatori attorno alle seguenti azioni: dare informazioni ed orientamento in lingua sui sistemi di protezione e sostegno al target group; avviare i primi riscontri da parte delle Forze dell’ordine; in terzo luogo, strutturare una raccolta condivisa in chiave multi-agenzia della storia di vita delle persone vittime di tratta; attivare centri di pronta accoglienza e messa in sicurezza del target; definire una valutazione clinica delle condizioni psicofisiche delle presunte vittime di tratta per un adeguato collocamento e conseguente tutela giuridico-sanitaria; avviare colloqui con operatori del diritto ed acquisizione del consenso informato prima di instaurare un rapporto di collaborazione con le autorità; infine attivare una valutazione in equipe multidisciplinare del progetto migratorio della vittima di tratta per formulare un primo progetto educativo individualizzato;

Strutturazione di un sistema integrato di protezione sociale per le vittime di tratta a fini di accattonaggio. Il modello di protezione sociale per vittime di tratta costruito in questi decenni in Italia e fortemente indirizzato alle vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale (e molto poco lavorativo) è in crisi da tempo nonostante nel nostro Paese siano stati raggiunti risultati importanti (Cfr. il modello italiano incentrato, grazie all’art.18 del Decreto Legislativo n.286/98- Testo Unico sull’Immigrazione, sulla concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari per le persone identificate come vittime di tratta). In definitiva è stato costruito un sistema di protezione sociale troppo spesso “top-down”, cristallizzato a volte attorno al controllo della persona, spesso ad immagine e somiglianza di comunità terapeutiche per persone dipendenti da sostanze, con forte difficoltà a creare spazi e tempi di autonomia delle persone, a lavorare in forma interculturale all’interno di un progetto migratorio.

Tale modello non è pensabile per le vittime di tratta a fini di accattonaggio per la complessità del fenomeno, per la “liquidità” con cui si struttura, per la valenza multi-situazionale con la quale si canalizza sui territori ed, infine, per il vasto gruppo target (minori stranieri non accompagnati, donne rom, persone disabili, adulti senza dimora, etc.). Pertanto va ripensato tutto il sistema di protezione sociale ponendo l’attenzione sulla integrazione delle azioni;

Individuazione di Organismi pubblici (in particolare Enti Locali) e del privato sociale (in particolare associazioni, cooperative sociali, fondazioni che si occupano di tratta) che investano capacità e competenze sulla peculiarità della mendicità forzata.
La tratta a fini di accattonaggio complica l’assetto inter-istituzionale che finora ci si era dati sui fenomeni emergenti della tratta (sfruttamento sessuale in particolare). Nel senso che le capacità e le competenze strutturate dalle organizzazioni coinvolte nei programmi di protezione sociale erano molto orientate a livello psicologico-educativo, avevano una utenza quasi tutta femminile (essendo le vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale quasi tutte di sesso femminile), erano all’interno di una “road map” abbastanza declinabile (prostituzione in strada ed in appartamento, accoglienza in strutture residenziali, avviamento all’autonomia della persona). Tali interventi (investimenti) avevano anche (spesso) una giustificazione di tipo etico trattandosi di vittime di tratta inequivocabilmente (per la maggioranza dell’opinione pubblica, anche se non mancassero voci “fuori dal coro”). Nel caso dell’accattonaggio molto spesso questo target è visto in maniera molto ambivalente, con una considerazione che tale utenza sia più perturbativa che sfruttata (e dunque priva di diritti). In tal senso molto spesso gli Enti locali fanno fatica ad investire risorse umane ed economiche su interventi politicamente ad effetto “boomerang”. Occorre dunque lavorare per costruire un welfare comunitario più consapevole e più solidale.

Occorre costruire (ex novo) uno specifico modello di intervento sociale per le vittime di tratta per accattonaggio: per i ragionamenti sopra evidenziati bisogna ripensare tutto il modello di intervento a favore delle vittime di tratta a fini di accattonaggio.

 

Le azioni “focali” con cui intervenire

Serve un lavoro di strada di nuova generazione (animazione di strada, educativa di strada, interventi di riduzione del rischio e del danno, azioni di welfare spaziale nelle aree di scorrimento e flusso come le stazioni ferroviarie, i terminal degli autobus, le metropolitane, le piazze, i centri commerciali, le chiese e luoghi di culto, interventi di tipo culturale, artistico, utilizzo dell’arte pubblica, strutturazione di eventi in cui coinvolgere le vittime di tratta a fini di accattonaggio che vivono in strada, azioni di mediazione dei conflitti, di sicurezza urbana tra gli attori che vivono nelle aree in cui sono presenti le vittime di tratta). Occorre in definitiva che il lavoro di strada (caposaldo storico di interventi sulla tratta) cambi pelle. Non sia più soltanto una metodologia incentrata sul monitoraggio, contatto, aggancio e prevenzione sanitaria ma una azione ad alto impatto in grado di costruire eventi, di utilizzare spazio e tempo di strada in forma creativa, di rendere gli abitanti della strada (vittime di tratta a fini di accattonaggio) protagonisti del proprio presente. Un intervento in definitiva crocevia tra mediazione e sicurezza urbana, tra cultura della marginalità e inclusione della comunità.

Servono servizi di prossimità dedicati (drop in/help center) per offerte diversificate giuridiche/sanitarie, spazi informali e personalizzati.
Nella strutturazione di interventi a favore del nostro gruppo target diventa centrale la strutturazione di servizi di prossimità dedicati (rivisitazione dei nostri Help Center/drop in center) in grado di offrire offerte diversificate: consulenze di natura giuridico-legale, accompagnamento per permessi di soggiorno per motivi umanitari, correlazione tra le tematiche della tratta e della protezione internazionale, consulenze sanitarie, informazioni sul territorio e sui suoi servizi, sui luoghi in cui poter accedere a spazi di bassa soglia (mensa, dormitorio, lavanderia, docce, etc…). In definitiva uno spazio dinamico, attento alla convivialità ed alla riservatezza, alla accessibilità del servizio (a livello spaziale, linguistico, strutturale) che metta al centro della propria offerta la dimensione informale e personalizzata. Sarebbe auspicabile che tali spazi di prossimità siano attorno ai luoghi frequentati dal target per poter offrire un’attenzione più rapida e contestualizzata;

Servono spazi di accoglienza leggera (piccoli appartamenti di autonomia). L’accoglienza diurna, semiresidenziale, residenziale a favore di vittime di tratta a fini di accattonaggio va pensata con molta attenzione e perspicacia. Non è possibile offrire a persone fortemente “autonome” e restie ad essere controllate ed incorporate in spazi regolamentati ospitalità nelle classiche forme di accoglienza che abbiamo costruito all’interno del sistema “tratta”. La convivenza tra persone vittime di tratta a fini di accattonaggio non è semplice e crea molto spesso situazioni ad alta complicazione. Pertanto è importante ripensare gli spazi di accoglienza per il nostro target a partire dalle seguenti variabili: piccoli appartamenti per massimo 2-3 persone, con modalità ad alta autonomia e con il forte coinvolgimento degli stessi utenti nella gestione della vita quotidiana, grande attenzione alla convivialità ed alla valorizzazione delle modalità di vita del nostro target (a livello di cucina, di spazi del tempo libero, del riposo, dei tempi di vita delle persone accolte).

Formazione professionale. Dobbiamo curare con molta attenzione il coinvolgimento del target nella costruzione di proposte di impegno personale, di coinvolgimento in attività ergo-terapiche, formative, inclusione in corsi di formazione professionale e formazione pratica in impresa. Diventa importante, ai fini dell’autonomia, indirizzare la nostra utenza verso una di queste forme di progressivo impegno professionalizzante, dopo aver costruito con loro un percorso di orientamento, bilancio delle competenze e curriculum vitae che permetta al target di indirizzarsi verso possibilità di apprendimento consone alle proprie capacità e competenze.

Imprese di strada. L’impresa di strada può rappresentare davvero una sorta di rivoluzione copernicana a favore di vittime di tratta a fini di accattonaggio. Si tratta di assumere la strada non solamente come uno spazio di disagio e devianza, o di insicurezza strutturale, dove si sedimentano situazioni, persone ed avvenimenti “osceni” (ovvero fuori dalla scena della normalità) ma come un bacino occupazionale interessante (il mercato, ristorazione di strada, vendita di oggetti vari in strada, locali di attrazione musicale, artistica di strada, attività nel mondo del loisir e dell’intrattenimento in strada), una nicchia di mercato sempre più ampia ed estesa a cui potremmo indirizzare e canalizzare proprio le persone che vivono in strada (come il nostro gruppo target). Non si tratta di strutturare un’attività assistenziale di basso profilo o di avvallare attività illegali, considerate abusive o correlate alla microcriminalità organizzata. Al contrario si tratta di costruire vere e proprie imprese che nascono dal basso, con imprenditori “ad hoc”, che conoscono bene la strada e le sue opportunità. Questa attività imprenditoriale dovrebbe essere supportata da un incubatore di impresa di strada che garantisca expertise nell’area del mercato del lavoro, nell’area imprenditoriale, nell’area giuridico-legale, nell’area finanziaria. Lo strumento del micro credito potrebbe permettere l’accompagnamento di tale intuizione.

Cooperazione decentrata ed internazionale. Nell’affrontare le tematiche concernenti la tratta degli esseri umani (come del resto la migrazione e la protezione internazionale) raramente si affronta la tematica dal versante della cooperazione decentrata ed internazionale. Sono state rare ed alquanto insolite le progettualità a favore di vittime di tratta nell’ambito della cooperazione internazionale (a valere sui Fondi del Ministero degli Esteri, con l’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo) e della cooperazione decentrata (a valere sui fondi delle regioni e degli Enti locali). Eppure diventa cruciale poter intervenire, in forma diversificata ed integrata, nei Paesi d’origine delle vittime di tratta. Nel nostro caso ci riferiamo specificatamente alla Nigeria, o altri Paesi africani (Nord Africa ed Africa Sub Sahariana) nei quali occorrerebbe strutturare interventi di orientamento, formazione professionale, inserimento socio-lavorativo, auto impiego, inclusione sociale dei gruppi vulnerabili di quei territorio (ci riferiamo alle donne ed ai minori di età).

Resta il grande “dilemma” dell’accattonaggio proveniente da Paesi comunitari (come Romania e Bulgaria) verso i quali non ci sono interventi di cooperazione internazionale ma con i quali si potrebbero costruire progetti sulla tratta a fini di accattonaggio utilizzando i Fondi strutturali (in particolare il Fondo Sociale Europeo ed il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), i Programmi di Cooperazione territoriale (in particolare quelli di cooperazione trans-nazionale ed interregionale), i Programmi Comunitari (ci riferiamo ad intervento specifici sulla tratta degli esseri umani proposti dalla Commissione Europea in ambito trans-nazionale i i paesi dell’Unione Europea).

Lavoro di rete multi agenzia. Crediamo che una delle maggiori ed interessanti azioni di esito, per il nostro gruppo target, sia quella del lavoro di rete tra soggetti coinvolti nella problematica della tratta a livello territoriale in una dimensione che potremmo definire multi agenzia. L’obiettivo di tale intervento è quella di elaborare, in maniera condivisa tra molti attori, delle linee guida e procedure multi agenzia appunto per l’emersione, l’identificazione, l’assistenza ed inclusione sociale delle vittime di tratta e grave sfruttamento. Le Linee Guida della Procura della Repubblica di Teramo (Italia), promosse dall’Associazione On The Road, possono rappresentare un utile riferimento per la struttura generale e specificatamente in relazione a: i riferimenti normativi internazionali, europei e nazionali nonché i principi generali per l’intervento ed i diversi ambiti di sfruttamento riconducibili alla tratta, la composizione della rete e l’individuazione di un referente per ciascuna delle agenzie coinvolte, i contesti di operatività e le condotte generali da seguire, l’istituzione di un gruppo di monitoraggio e valutazione delle linee guida e delle procedure che operi attraverso incontri regolarmente convocati. Andranno inoltre predisposti gli strumenti a supporto delle linee guida e delle procedure (ad esempio moduli di segnalazione/invio delle vittime di tratta, liste di indicatori semplificativi e modelli di intervista). Tale lavoro di rete multi agenzia potrà essere lo spazio/ambito per attivare percorsi di formazione tra i vari attori coinvolti nella tematica della tratta a fini di accattonaggio. Ci riferiamo ai Sindaci ed assessori Comunali, Forze dell’Ordine e Polizia municipale, Operatori sociali e sanitari, Magistratura. Sulla tematica specifica dell’accattonaggio è davvero assente una formazione congrua in grado di cogliere gli aspetti del fenomeno nella sua ampia complessità, la normativa di riferimento (che varia dalla tematica della mendicità in genere, al mondo Rom, spesso coinvolto in tale ambito, pur se distante dal segmento della tratta a fine di accattonaggio, a forme di vera e propria mendicità forzata), le azioni da mettere in campo per abbassare fenomeni di tratta e sfruttamento, gli attori coinvolti o da coinvolgere in tale sfida.

 

Su questi temi abbiamo organizzato tre convegni e incontri di formazione

 

28-29 novembre 2017  “Le Mani sporche: lo sfruttamento dei migranti nel lavoro e nell’accattonaggio forzato

Un convegno nazionale di due giorni all’Aurum di Pescara, dedicato allo sfruttamento lavorativo e dell’accattonaggio, dove abbiamo invitato a confrontarsi molti dei principali protagonisti nazionali delle politiche e pratiche che incidono su questi fenomeni.

11 dicembre 2017 “Incontro di Formazione sul Protocollo di Teramo

Un incontro di formazione dedicato al personale delle Forze dell’Ordine, dei Servizi Sociali e Sanitari nonché degli Enti del pubblico e del privato sociale sul metodo “integrato e multi-agenzia” di approccio alle potenziali di vittime di tratta e grave sfruttamento, con l’obiettivo di offrire una panoramica di concreti contesti situazionali e di chiarire senso, portata e modalità degli interventi finalizzati all’emersione del fenomeno, alla protezione-integrazione sociale della vittima, alla conduzione delle indagini in modo efficace e produttivo.

29-30 gennaio 2018 “Oltre le terre di mezzo 3

Una conferenza internazionale a Roma, alla Camera dei Deputati, per togliere il velo agli altri tanti volti della tratta degli esseri umani a livello davvero internazionale (a partire dai dati globali del fenomeno, passando per le aree di frontiera e di flusso, entrando nella connessione tra tecnologia, social network e tratta, affrontando l’invisibile tema della tratta a scopo di espianto di organi, il tema dei matrimoni forzati, la triste vicenda delle ragazze desaparecidas, infine per cogliere i vissuti, visti da dentro, del pianeta nigeriano su cui ci stiamo misurando molti di noi).

Credits: immagini tratte dal film “Gli Invisibili” (2014) di Oren Moverman e dal teaser del film “Il Supermercato” di Francesco Calandra, in lavorazione, girato al termine di un laboratorio cinematografico con gli ospiti del Centro per Senza Dimora Train de Vie dell’Associazione On the Road Onlus.

© Vincenzo Castelli