14 Feb Haiti, il dovere della buona cooperazione
Apprendo con grande dispiacere le notizie riguardanti gli scandali sessuali che hanno coinvolto l’organizzazione Oxfam Gran Bretagna per l’ingaggio di prostitute, anche giovanissime, in una Haiti che sopravvive nello stato di emergenza umanitaria.
Eventi indecenti, riportati in un’inchiesta del quotidiano britannico The Times, che restituiscono un’immagine della cooperazione internazionale come punto di coagulo di una moralità corrotta e deviante. E deviante è davvero, questo modo di fare cooperazione internazionale, rispetto ai valori che animano, o dovrebbero animare, chi sceglie di intraprendere questo percorso. Un cammino che comporta indubbiamente grandi fatiche, ma che non può mancare del fondamentale rispetto dei diritti umani di chi vive situazioni di grande povertà e marginalità ad alto rischio di rivittimizzazione.
Eventi che fanno pensare, soprattutto chi come me lavora nel campo della cooperazione internazionale da decenni e che proprio ad Haiti, in particolare nella capitale Port-au-Prince, ha messo in campo, per la Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e per la Caritas Italiana, tanti progetti a favore delle popolazioni marginalizzate. Dieci anni di sforzi, sfide e passioni condivise con i minori e gli adolescenti di strada per un’inclusione che accompagni verso un orizzonte di opportunità fuori dalle bases di Port-au-Prince, fuori dalla strada.
Con la buona cooperazione, dal 2006 al 2016, abbiamo raggiunto successi insperati, realizzati grazie al lavoro di giorni interi passati in strada, in situazioni di grande fatica, insicurezza, prevenzione sanitaria. La grande sfida è stata quella di trasformare i non luoghi generati dal terremoto del 2010 e dell’uragano del 2016 in luoghi dove crescere in sicurezza. Costruendo reti di contatti e buone pratiche, che hanno portato alla realizzazione, tra gli altri, di un centro diurno dove canalizzare opportunità di vita per ragazze adolescenti vittime di violenza maschile in famiglia e in strada. Quale soddisfazione abbiamo provato, nel vedere molte di queste ragazze, senza radici né futuro, partecipare a corsi di formazione professionale che le hanno qualificate per un posto di lavoro sicuro e dignitoso e vedere come diverse di loro sono diventate imprenditrici di quelle che abbiamo chiamato “imprese di strada”.
In questi momenti bui della cooperazione internazionale, vorrei quindi fare appello alla grande umanità di chi lavora in questo settore spinto da valori etici e morali, perché siano denunciati gli abusi quando vengono perpetrati. In virtù dell’impegno e dell’alto senso del valore umano e professionale, di chi è davvero lì per aiutare, sporcandosi le mani.
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